giovedì 26 settembre 2013

Moedisia

Finalmente io e Sephira abbiamo un sito!
Dopo ben un anno dall'acquisto del dominio, ci siamo date da fare e abbiamo realizzato Moedisia.
Il perché del nome è presto detto, anche se non vi svelerò nulla: è il fulcro della nostra saga "I Mondi Dispersi" - inoltre ci sembra decisamente figo!
Lo abbiamo realizzato con iweb, un programma Apple davvero ignorante, ma versatile e comodo. Dopo aver deciso i contenuti, le pagine e le quattro cose basilari che un buon sito dovrebbe contenere, il difficile era renderlo appetibile agli occhi.
In soccorso ci è venuta la madre di Sephira, che quest'estate ci ha messo in contatto con Mihaela, talentuosa illustratrice croata.
Ci siamo innamorate subito del suo stile e dei suoi meravigliosi disegni. Mihaela ha una capacità di spaziare tra tecniche e contenuti non indifferente: non potevamo trovare spalla migliore per far prendere forma alle nostre idee e fantasie.
Quindi, ora che vi ho tediato a sufficienza, vi invito a venirci a trovare e a gironzolare per le nostre pagine.
Siamo ancora un po' poveri in contenuto - e presto aggiungeremo altro - ma l'essenziale c'è.
Troverete sempre il link nella colonna qui a destra del blog, e nel frattempo cliccate qui in basso!


Enjoy!

martedì 3 settembre 2013

Norvegia: on the road (2)

GIORNO VII – Trondheim
Di Kristyna ho già parlato. Abita al quinto piano di una palazzina rossa, nel quartiere studentesco. Ha una grande camera da letto e una sala da pranzo in comune con altri tre inquilini.
Beh, questa è la versione ufficiale.
In realtà, lei è ospite del proprio ragazzo, ma lui è in Repubblica Ceca. E il solo altro inquilino è, a sua volta, ospite di un'amica (assente ingiustificata). Si chiama Jakob, ha solo diciannove anni ed è arrivato in Norvegia dalla Slovacchia alla ricerca di un lavoro estivo, prima di iniziare l'università.
Il suo coraggio mi sorprende. Lui ammette di essere stato terrorizzato per gran parte del viaggio, e di esserlo tuttora. Eppure, la mattina si sveglia presto, prende la bicicletta e pedala fino al centro città, bussando alla porta di ogni ristorante del porto.
Oggi è stato assunto da un ristorante italiano. Come cuoco. In un ristorante italiano gestito da un russo – si sa che i russi sono strani. Ciò che rende il ristorante italiano è l'aggiunta di abbondante aceto balsamico sui panini. Insomma, ci credono davvero.
Mentre Jakob va a fare il suo giorno di prova (rinvigorito dai miei pancakes), io, Domcha e Kristyna ci prepariamo ad una gita sulle colline che sovrastano la città. La strada è asfaltata, larga e frequentata da famiglie di salutisti. Conduce fino a un lago e una grande baita in mezzo a una foresta. Lunghe chiacchierate in salita e in discesa, tra i norvegesi intenti a godersi una domenica di sole. Si gode di una bella vista sulla città, fino al mare. Kristyna ci racconta aneddoti da vera guida turistica, e per fare pratica ripete tutto anche in tedesco.
Torniamo a casa che è già passata da parecchio l'ora di pranzo. Ciononostante, mangiamo con calma, facciamo il bucato e la spesa. Siamo piacevolmente intontite dal repentino cambio di ritmo.
Non è solo l'avere a disposizione un bagno e un letto.
Questa Trondheim è come un'oasi. Siamo qui, in mezzo alla nazione, a metà del viaggio. Finalmente abbiamo il tempo di tornare con la mente a ciò che abbiamo visitato. Possiamo ricostruire ciò che abbiamo provato, confrontando i nostri ricordi. Le nostre storie iniziano ad accumularsi: Kristyna e Jakob ridono al momento giusto, sgranano gli occhi, ci seguono passo dopo passo. Ascoltano, raccontano a loro volta.
Siamo nel mezzo: il nodo di un intreccio di storie. Ovunque andiamo, germogliano racconti.
L'abitazione dista mezz'ora a piedi dal centro: in discesa, non pesano affatto.
Gamle Trondheim
Trondheim è bella. Non è solo la Cattedrale di Nidaros, dove ci è stato possibile entrare per seguire una messa protestante (piacevole musica d'organo), ma anche le vie ariose, le abitazioni, i parchi pieni di fiori e le piazze affollate.
Fiancata della cattedrale di Nidaros, Trondheim
Le note di un concerto rock ci accompagnano su antichi ponti, di fronte alla splendida Università e di nuovo a casa.
Qui incontriamo due amici di Jakob: Martin e Katarina. Improvvisiamo un barbecue nel giardino dello studentato; e quando cala il fresco della sera ci ritiriamo in casa per un tè.
Domcha impugna la chitarra e inizia a cantare. Cantiamo insieme tutta la notte. Cantiamo in tutte le lingue.
E prima di andare a dormire, facciamo un lungo brindisi all'ingresso della Croazia in Europa.
Mentre le luci si spengono, una alla volta, penso a quanti fili debbano essere stati tirati dal destino, perché noi ci potessimo incontrare sotto lo stesso tetto, a cantare così.


GIORNO VIII – Trondheim
In bicicletta! Lunghe discese con il vento in poppa (o era la prua?).
Causa piedi e gambe martoriate, unica soluzione è stata affidarsi alle due ruote. Quindi, voliamo a valle, io e la mia bicicletta.
Visito la fortezza che domina la città, bianca in mezzo all'erba verdissima, con i cannoni, la muraglia e una battaglia epica che la storia del continente non ha mai citato.


Mi perdo alla ricerca del centro storico e torno di fronte all'Università. Non sono preoccupata. Pedalo lungo il fiume e decido di provare il celebre “ascensore per biciclette” (riempiendomi di lividi nel tentativo).
I Norvegesi non riescono a essere pigri nemmeno se ci provano. Chiedete ai miei polpacci!
Attraverso il ponte vecchio, il porto, arrivo alla chiesa di Nostra Signora (Fraue qualcosa).
All'interno, oltre alla chiesa vera e propria, c'è una sorta di piccolo bar: il luogo è un centro di assistenza e recupero per tossicodipendenti, ma è davvero aperto a chiunque voglia entrare. A chiunque non abbia un posto dove trascorrere la notte.
Un assaggio di estate norvegese...
Dopo un veloce pranzo sulla strada, incontro nuovamente Domcha. Ci incamminiamo verso il Palazzo Arcivescovile, accanto alla Cattedrale di Nidaros. All'interno ci sono alcune mostre permanenti: reperti archeologici che documentano l'antica storia della città, resti dell'antica cattedrale (distrutta – come ogni città della Norvegia – da svariati incendi), ricostruzioni e statue. Poi, i gioielli della corona norvegese. Le corone di re, regina e principe ereditario, corredate da scettro e pomo. Ma soprattutto, sono esposte le loro custodie.
Non ci avete mai pensato, eh? Magari credevate che i reali andassero sempre in giro con la corona in testa. Invece, ora scoprite che esistono delle scatole in pelle, che sembrano quelle in cui i pasticceri mettono le torte, ad uopo. Perde un po' di poesia, vero?
Il ragazzo con tonaca che fa da guida abbandona il suo posto ai biglietti per farmi da guida. Si entusiasma nel raccontarmi la storia di Sant' Olav, che è protettore della Norvegia, e ne è stato il sovrano. Come potrebbe non appassionarmi la storia di un vichingo sanguinario proclamato santo, e a cui è dedicato un lungo pellegrinaggio in questa terra? Ascolto rapita una storia che parla di guerre, assassinii, colpi di stato, viaggi disperati, tombe scoperchiate e corpi trafugati.
All'uscita, guardo la Cattedrale di Nidaros con occhi nuovi. Frugo nelle tasche della mia giacca e trovo un piccolo cristallo di quarzo, che avevo raccolto sulla strada per Rondane.
Lo lascio in mezzo ai pochi fiori secchi che decorano la tomba del grande santo.
È stato anche lui un viaggiatore. Di sicuro saprà capire.
Lasciato il centro storico, inforco nuovamente la mia bicicletta e mi dirigo verso il mare.
Proprio lì accanto, è stata costruita un'enorme piscina. Oh, l'acqua calda! Invenzione mirabile (e, che io sappia, ancora senza brevetto). Muscoli e ferite guariscono in un attimo, anche se ce ne procuriamo di nuove sugli scivoli.
Fuori, l'aria è fredda e si è alzato il vento.
Questa volta devo spingere il mio potente mezzo, visto che vado in salita. A casa, però, mi attende la cena preparata proprio per noi da Jakob prima di andare al lavoro.
Nonostante la stanchezza, rimaniamo alzate ancora a lungo. Dobbiamo terminare i preparativi per il viaggio. Così, quando il nostro cuoco milionario (le paghe in Norvegia sono scandalosamente alte) torna a casa, siamo tutte e tre al tavolo della cucina.
Ancora una volta, ci ritroviamo a cantare e parlare fino a notte inoltrata.
Vorremmo restare più a lungo. Kristyna sente già la nostra mancanza – e, in qualche modo, anche noi sentiamo già la sua.
I nostri zaini sono sulla porta. I nostri cuori sono ancora qui, ma le scarpe all'ingresso scalpitano per affrontare nuove terre, nuovi mondi. È tutto pronto, e non ci sono più scuse.


GIORNO IX – Da Trondheim a Kristiansund
Lasciamo l'appartamento di Kristyna a metà mattina. Camminiamo fino a raggiungere uno degli ingressi dell'autostrada: non è un brutto posto per fare l'autostop. Ha tutti i requisiti: uno slargo abbastanza grande da permettere alle auto di fermarsi, buona visibilità, è una strada frequentata.
Io e Dom distiamo poco più di cinque metri; abbastanza da mostrare che siamo in due. Quando una macchina si ferma, tocca a me correre e chiedere se il conducente va nella nostra stessa direzione.
Ma aspettiamo oltre un'ora e mezza, tra macchine che accelerano, ragazzi che salutano e lo sguardo pieno di disprezzo di signore in Mercedes e BMW vuote.
Il cielo si copre, inizia a tirare un vento fastidioso e gelido. Trascorriamo un'altra ora a soli 8 km di distanza, all'incrocio della E6. Siamo depresse ed esasperate.
Cosa dobbiamo fare? Tornare in città? Restare dove siamo?
Intanto le auto ci corrono accanto, senza accennare a fermarsi. Autisti e passeggeri ci guardano con curiosità, ben nascosti dietro i finestrini dei loro mezzi. Non otterremo altro.
Ci dirigiamo alla fermata di uno degli autobus e discutiamo il da farsi. La cartina ci restituisce lo sguardo: sono passate già tre ore, e non ci siamo praticamente mosse!
Dominika è visibilmente irritata. Confessa che è la prima volta che le capita qualcosa di simile. Per quanto mi riguarda, è la prima volta in assoluto che viaggio in auto-stop. Non ho davvero idea di come funzioni, quando funziona. Beh, sicuramente non così.
Convinco la mia compagna a seguire i segni di una pista ciclabile. Camminiamo a lungo, fino a raggiungere la città vicina. All'arrivo a Heidal siamo stremate.
Secondo la mia cartina, da Heidal passa una ferrovia. La intercettiamo, ma sembra che la stazione disti ancora molto. Inoltre, non sappiamo se vi passino treni diretti a Sud.
Mentre passiamo di fronte a un benzinaio, vedo un uomo fare benzina: richiamo Domcha, e lo fissiamo con insistenza. Guida un Westfalia. Gloria mi ha insegnato che si tratta del furgoncino degli hyppi! Chiunque guidi senza vergogna un simile autoveicolo non può che essere una brava persona.
I fatti ci danno ragione.
Ci porta in un punto ben frequentato, un altro ingresso di autostrada, e da quel momento iniziamo a saltare da un'auto all'altra. Prima un professore di genetica, poi un paramedico di ritorno da Bangkok... È così eccitante!
Lasciamo un autista prima di un traghetto e ne troviamo un altro all'attracco. Una rapida connessione a internet ci rassicura: abbiamo un posto dove dormire. Uno dei ragazzi che abbiamo contattato tramite Couchsurfing ha accettato la nostra richiesta, ed è disposto ad ospitarci per la notte.
Il nostro ospite si chiama Brinjar e abita a Kristiansund, in una villetta in mezzo al verde.
Una villetta circondata da un pezzo di foresta da un lato, dal mare poco distante, centinaia di fiori – decadente, sporca, ma decisamente con stile e personalità. All'arrivo, troviamo Brinjar nel panico, impegnato a pulire: vorremmo rassicurarlo, ma la casa è davvero un macello. E non parlo del drammatico bisogno di un restauro: la camera (appartenente al suo coinquilino, ovviamente assente) è un cumulo di cavi, tranci di pizza, sintetizzatori e mutande. Osservo il covo, affascinata dall'idea di trascorrervi la notte.
La cucina ospita pentole del secolo scorso, poche. Il soggiorno è composto da un bellissimo divano in pelle, due casse da discoteca e un televisore al plasma che occupa l'intera parete. C'è anche un tavolino, in legno intagliato, e un cimitero di tappi di birra.
Ma ehi, è meglio che una tenda, no?
Mentre Domcha pulisce, vado a fare la spesa al supermercato vicino. Cuciniamo e ci prepariamo ad una lunga serata telefilm, intervallata da sprazzi di conversazione (tra un episodio e l'altro).
Brinjar ha 26 anni e fa il pescatore nel Mare del Nord. Quando una nave sta per salpare, viene chiamato per fare parte dell'equipaggio: di solito, questo accade nei mesi invernali. Passa un mese a bordo e uno a terra, in compagnia del suo sintetizzatore.
Ci mostra dei video del sole di mezzanotte, di gabbiani che volano trasportati dal vento e seguono una delle tante navi su cui ha lavorato, di onde scure come la notte. Vediamo tonnellate di merluzzi e sardine venire rovesciate sui ponti e spinte nella stiva, sotto una luce che non scalda.
Gli chiedo se abbia visto spesso l'Aurora Boreale. Mi risponde che lassù, in inverno, è tutto grigio: mare e cielo sono coperti di nuvole e di una nebbia che penetra crepe e ossa.


GIORNO X – Kristiansund & l'Atlantic Road
Ci svegliamo tardi, assillate dal dubbio che dei topi abbiamo passeggiato sui nostri corpi addormentati. Brinjar dorme ancora, noi facciamo colazione con ciò che offre la sua credenza e iniziamo una lunga camminata verso il centro città.
Kristiansund sorge su quattro isole, tenute insieme da altrettanti ampi ponti. È una città a vocazione commerciale: navi enormi trasportano container colorati. Ci sono petroliere, pescherecci e navi cargo. Vanno e vengono, silenziosamente.


I sole è splendido: decidiamo di prendere il traghettino che fa la spola tra le isole. Attendiamo la barca sdraiate sull'erba, accanto all'oceano domato e all'ennesimo museo dedicato alla pesca del merluzzo.
Saltiamo da un molo all'altro. Pranziamo con waffle e fragole artiche, sotto lo sguardo divertito dei passanti.
Messo tutto insieme, è soverchiante. Bello da mozzare il fiato. Non posso davvero aver meritato tutto questo. Quindi non può essere questione di merito. I regali sono gratuiti. Questa, è una Grazia.
La felicità secondo Kristiansund.
Visitiamo la chiesa (le cui vetrate sono opera dell'onnipresente Vigeland) e attendiamo ancora una volta la barca, dondolando su un'altalena fatta da un copertone.
I cielo si rannuvola mentre torniamo indietro.
Brinjar cerca tra le mutande il suo passaporto: è stato richiamato in servizio, partirà tra un'ora.
Nell'attesa, si chiede quali vestiti portare, e ha reciso tutti i fiori del giardino (perchè vuole farli seccare in casa). Contagiate dalla fretta del padrone di casa, richiudiamo le nostre bergen.
Siamo pronte a ripartire.


Alla fermata dell'autobus non dobbiamo attendere molto: un'auto si ferma quasi subito. Questa volta è un giovane giornalista, che sta andando in ufficio. Lo preghiamo, scongiuriamo di portarci per un pezzo. Anche pochi chilometri sono abbastanza, per avvicinarci alla meta. Lui tentenna, ma accetta di portarci fuori città.
Parliamo e parliamo: io e Domcha siamo ormai un organismo ben oliato. Uno dei trucchi è non lasciare momenti morti. Il nostro autista si occupa di cronaca nera per il suo giornale di provincia: per lo più, casi di droga. Con una certa delusione, ammette di non avere molto lavoro. Cerchiamo di consolarlo (benedetta Norvegia!), sicuramente qualche turista di passaggio andrà in overdose.
Quindi, parliamo e parliamo. E alla fine lui decide di portarci fino alla fine dell'Atlantic Road – in cambio di una nostra intervista in esclusiva. Non è incredibile?
Paga il pedaggio per nostro conto. La strada è fatta di curve strette e ripide salite, tra isole e scogli. Il cielo è nuvoloso: sembra di scivolare sull'oceano.


Il nostro giornalista ci lascia in una piazzola di sosta, dopo un breve servizio fotografico.

Quante persone incredibili sto incontrando in questo viaggio! Dove sono stata fino ad ora con così tanto da vedere? E come ho potuto vivere senza mai aver assaporato questa libertà incredibile?
La foto più stilosa della storia!
Nuove automobili ci superano a grande velocità, ma il nostro morale è alle stelle. Cantiamo e balliamo accanto alla strada quasi deserta:
Hey, I've just met you
And this is crazy
But here's my thumb up
So pick me, maybe?”
E ci recupera un altro giornalista, membro attivo e convinto di un'organizzazione contro l'ingresso della Norvegia nell'Unione Europea. Discutiamo per svariati chilometri sui pro e i contro della nostra bella Europa, cioè fino all'arrivo al traghetto di Molde.
Veniamo anche a sapere la storia di un ragazzo australiano, che riuscì a auto-stoppare una nave da crociera. Siamo sinceramente ammirate, ma non crediamo sia possibile.
Poche ore dopo (cioè, dopo aver attraversato il fiordo e aver accettato un passaggio da una comitiva di norvegesi e afghanistani in vacanza), arriviamo ad Alesund.
Piantiamo la tenda nel parco cittadino, sentendoci anticonformiste e un po' criminali. Nel silenzio, trasalendo ad ogni voce, ci addormentiamo.


Continua...