GIORNO VII – Trondheim
Di Kristyna ho già parlato. Abita al quinto piano di una
palazzina rossa, nel quartiere studentesco. Ha una grande camera da
letto e una sala da pranzo in comune con altri tre inquilini.
Beh, questa è la versione ufficiale.
In realtà, lei è ospite del proprio ragazzo, ma lui è in
Repubblica Ceca. E il solo altro inquilino è, a sua volta, ospite di
un'amica (assente ingiustificata). Si chiama Jakob, ha solo
diciannove anni ed è arrivato in Norvegia dalla Slovacchia alla
ricerca di un lavoro estivo, prima di iniziare l'università.
Il suo coraggio mi sorprende. Lui ammette di essere stato
terrorizzato per gran parte del viaggio, e di esserlo tuttora.
Eppure, la mattina si sveglia presto, prende la bicicletta e pedala
fino al centro città, bussando alla porta di ogni ristorante del
porto.
Oggi è stato assunto da un ristorante italiano. Come cuoco. In un
ristorante italiano gestito da un russo – si sa che i russi sono
strani. Ciò che rende il ristorante italiano è l'aggiunta di
abbondante aceto balsamico sui panini. Insomma, ci credono davvero.
Mentre Jakob va a fare il suo giorno di prova (rinvigorito dai
miei pancakes), io, Domcha e Kristyna ci prepariamo ad una gita sulle
colline che sovrastano la città. La strada è asfaltata, larga e
frequentata da famiglie di salutisti. Conduce fino a un lago e una
grande baita in mezzo a una foresta. Lunghe chiacchierate in salita e
in discesa, tra i norvegesi intenti a godersi una domenica di sole.
Si gode di una bella vista sulla città, fino al mare. Kristyna ci
racconta aneddoti da vera guida turistica, e per fare pratica ripete
tutto anche in tedesco.
Torniamo a casa che è già passata da parecchio l'ora di pranzo.
Ciononostante, mangiamo con calma, facciamo il bucato e la spesa.
Siamo piacevolmente intontite dal repentino cambio di ritmo.
Non è solo l'avere a disposizione un bagno e un letto.
Questa Trondheim è come un'oasi. Siamo qui, in mezzo alla
nazione, a metà del viaggio. Finalmente abbiamo il tempo di tornare
con la mente a ciò che abbiamo visitato. Possiamo ricostruire ciò
che abbiamo provato, confrontando i nostri ricordi. Le nostre storie
iniziano ad accumularsi: Kristyna e Jakob ridono al momento giusto,
sgranano gli occhi, ci seguono passo dopo passo. Ascoltano,
raccontano a loro volta.
Siamo nel mezzo: il nodo di un intreccio di storie. Ovunque
andiamo, germogliano racconti.
L'abitazione dista mezz'ora a piedi dal centro: in discesa, non
pesano affatto.
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Gamle Trondheim |
Trondheim è bella. Non è solo la Cattedrale di Nidaros, dove ci
è stato possibile entrare per seguire una messa protestante
(piacevole musica d'organo), ma anche le vie ariose, le abitazioni, i
parchi pieni di fiori e le piazze affollate.
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Fiancata della cattedrale di Nidaros, Trondheim |
Le note di un concerto rock ci accompagnano su antichi ponti, di
fronte alla splendida Università e di nuovo a casa.
Qui incontriamo due amici di Jakob: Martin e Katarina.
Improvvisiamo un barbecue nel giardino dello studentato; e quando
cala il fresco della sera ci ritiriamo in casa per un tè.
Domcha impugna la chitarra e inizia a cantare. Cantiamo insieme
tutta la notte. Cantiamo in tutte le lingue.
E prima di andare a dormire, facciamo un lungo brindisi
all'ingresso della Croazia in Europa.
Mentre le luci si spengono, una alla volta, penso a quanti fili
debbano essere stati tirati dal destino, perché noi ci potessimo
incontrare sotto lo stesso tetto, a cantare così.
GIORNO VIII – Trondheim
In bicicletta! Lunghe discese con il vento in poppa (o era la
prua?).
Causa piedi e gambe martoriate, unica soluzione è stata affidarsi
alle due ruote. Quindi, voliamo a valle, io e la mia bicicletta.
Visito la fortezza che domina la città, bianca in mezzo all'erba
verdissima, con i cannoni, la muraglia e una battaglia epica che la
storia del continente non ha mai citato.
Mi perdo alla ricerca del centro storico e torno di fronte
all'Università. Non sono preoccupata. Pedalo lungo il fiume e decido
di provare il celebre “ascensore per biciclette” (riempiendomi di
lividi nel tentativo).
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I Norvegesi non riescono a essere pigri nemmeno se ci provano. Chiedete ai miei polpacci! |
Attraverso il ponte vecchio, il porto, arrivo alla chiesa di
Nostra Signora (Fraue qualcosa).
All'interno, oltre alla chiesa vera e propria, c'è una sorta di
piccolo bar: il luogo è un centro di assistenza e recupero per
tossicodipendenti, ma è davvero aperto a chiunque voglia entrare. A
chiunque non abbia un posto dove trascorrere la notte.
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Un assaggio di estate norvegese... |
Dopo un veloce pranzo sulla strada, incontro nuovamente Domcha. Ci
incamminiamo verso il Palazzo Arcivescovile, accanto alla Cattedrale
di Nidaros. All'interno ci sono alcune mostre permanenti: reperti
archeologici che documentano l'antica storia della città, resti
dell'antica cattedrale (distrutta – come ogni città della Norvegia
– da svariati incendi), ricostruzioni e statue. Poi, i gioielli
della corona norvegese. Le corone di re, regina e principe
ereditario, corredate da scettro e pomo. Ma soprattutto, sono esposte
le loro
custodie.
Non ci avete mai pensato, eh? Magari credevate che i reali
andassero sempre in giro con la corona in testa. Invece, ora scoprite
che esistono delle scatole in pelle, che sembrano quelle in cui i
pasticceri mettono le torte,
ad uopo. Perde un po' di poesia,
vero?
Il ragazzo con tonaca che fa da guida abbandona il suo posto ai
biglietti per farmi da guida. Si entusiasma nel raccontarmi la storia
di Sant' Olav, che è protettore della Norvegia, e ne è stato il
sovrano. Come potrebbe non appassionarmi la storia di un vichingo
sanguinario proclamato santo, e a cui è dedicato un lungo
pellegrinaggio in questa terra? Ascolto rapita una storia che parla
di guerre, assassinii, colpi di stato, viaggi disperati, tombe
scoperchiate e corpi trafugati.
All'uscita, guardo la Cattedrale di Nidaros con occhi nuovi. Frugo
nelle tasche della mia giacca e trovo un piccolo cristallo di quarzo,
che avevo raccolto sulla strada per Rondane.
Lo lascio in mezzo ai pochi fiori secchi che decorano la tomba del
grande santo.
È stato anche lui un viaggiatore. Di sicuro saprà capire.
Lasciato il centro storico, inforco nuovamente la mia bicicletta e
mi dirigo verso il mare.
Proprio lì accanto, è stata costruita un'enorme piscina. Oh,
l'acqua calda! Invenzione mirabile (e, che io sappia, ancora senza
brevetto). Muscoli e ferite guariscono in un attimo, anche se ce ne
procuriamo di nuove sugli scivoli.
Fuori, l'aria è fredda e si è alzato il vento.
Questa volta devo spingere il mio potente mezzo, visto che vado in
salita. A casa, però, mi attende la cena preparata proprio per noi
da Jakob prima di andare al lavoro.
Nonostante la stanchezza, rimaniamo alzate ancora a lungo.
Dobbiamo terminare i preparativi per il viaggio. Così, quando il
nostro cuoco milionario (le paghe in Norvegia sono scandalosamente
alte) torna a casa, siamo tutte e tre al tavolo della cucina.
Ancora una volta, ci ritroviamo a cantare e parlare fino a notte
inoltrata.
Vorremmo restare più a lungo. Kristyna sente già la nostra
mancanza – e, in qualche modo, anche noi sentiamo già la sua.
I nostri zaini sono sulla porta. I nostri cuori sono ancora qui,
ma le scarpe all'ingresso scalpitano per affrontare nuove terre,
nuovi mondi. È tutto pronto, e non ci sono più scuse.
GIORNO IX – Da Trondheim a Kristiansund
Lasciamo l'appartamento di Kristyna a metà mattina. Camminiamo
fino a raggiungere uno degli ingressi dell'autostrada: non è un
brutto posto per fare l'autostop. Ha tutti i requisiti: uno slargo
abbastanza grande da permettere alle auto di fermarsi, buona
visibilità, è una strada frequentata.
Io e Dom distiamo poco più di cinque metri; abbastanza da
mostrare che siamo in due. Quando una macchina si ferma, tocca a me
correre e chiedere se il conducente va nella nostra stessa direzione.
Ma aspettiamo oltre un'ora e mezza, tra macchine che accelerano,
ragazzi che salutano e lo sguardo pieno di disprezzo di signore in
Mercedes e BMW vuote.
Il cielo si copre, inizia a tirare un vento fastidioso e gelido.
Trascorriamo un'altra ora a soli 8 km di distanza, all'incrocio della
E6. Siamo depresse ed esasperate.
Cosa dobbiamo fare? Tornare in città? Restare dove siamo?
Intanto le auto ci corrono accanto, senza accennare a fermarsi.
Autisti e passeggeri ci guardano con curiosità, ben nascosti dietro
i finestrini dei loro mezzi. Non otterremo altro.
Ci dirigiamo alla fermata di uno degli autobus e discutiamo il da
farsi. La cartina ci restituisce lo sguardo: sono passate già tre
ore, e non ci siamo praticamente mosse!
Dominika è visibilmente irritata. Confessa che è la prima volta
che le capita qualcosa di simile. Per quanto mi riguarda, è la prima
volta in assoluto che viaggio in auto-stop. Non ho davvero idea di
come funzioni, quando funziona. Beh, sicuramente non così.
Convinco la mia compagna a seguire i segni di una pista ciclabile.
Camminiamo a lungo, fino a raggiungere la città vicina. All'arrivo a
Heidal siamo stremate.
Secondo la mia cartina, da Heidal passa una ferrovia. La
intercettiamo, ma sembra che la stazione disti ancora molto. Inoltre,
non sappiamo se vi passino treni diretti a Sud.
Mentre passiamo di fronte a un benzinaio, vedo un uomo fare
benzina: richiamo Domcha, e lo fissiamo con insistenza. Guida un
Westfalia. Gloria mi ha insegnato che si tratta del furgoncino degli
hyppi! Chiunque guidi senza vergogna un simile autoveicolo non può
che essere una brava persona.
I fatti ci danno ragione.
Ci porta in un punto ben frequentato, un altro ingresso di
autostrada, e da quel momento iniziamo a saltare da un'auto
all'altra. Prima un professore di genetica, poi un paramedico di
ritorno da Bangkok... È così eccitante!
Lasciamo un autista prima di un traghetto e ne troviamo un altro
all'attracco. Una rapida connessione a internet ci rassicura: abbiamo
un posto dove dormire. Uno dei ragazzi che abbiamo contattato tramite
Couchsurfing ha accettato la nostra richiesta, ed è disposto ad
ospitarci per la notte.
Il nostro ospite si chiama Brinjar e abita a Kristiansund, in una
villetta in mezzo al verde.
Una villetta circondata da un pezzo di foresta da un lato, dal
mare poco distante, centinaia di fiori – decadente, sporca, ma
decisamente con stile e personalità. All'arrivo, troviamo Brinjar
nel panico, impegnato a pulire: vorremmo rassicurarlo, ma la casa è
davvero un macello. E non parlo del drammatico bisogno di un
restauro: la camera (appartenente al suo coinquilino, ovviamente
assente) è un cumulo di cavi, tranci di pizza, sintetizzatori e
mutande. Osservo il covo, affascinata dall'idea di trascorrervi la
notte.
La cucina ospita pentole del secolo scorso, poche. Il soggiorno è
composto da un bellissimo divano in pelle, due casse da discoteca e
un televisore al plasma che occupa l'intera parete. C'è anche un
tavolino, in legno intagliato, e un cimitero di tappi di birra.
Ma ehi, è meglio che una tenda, no?
Mentre Domcha pulisce, vado a fare la spesa al supermercato
vicino. Cuciniamo e ci prepariamo ad una lunga serata telefilm,
intervallata da sprazzi di conversazione (tra un episodio e l'altro).
Brinjar ha 26 anni e fa il pescatore nel Mare del Nord. Quando una
nave sta per salpare, viene chiamato per fare parte dell'equipaggio:
di solito, questo accade nei mesi invernali. Passa un mese a bordo e
uno a terra, in compagnia del suo sintetizzatore.
Ci mostra dei video del sole di mezzanotte, di gabbiani che volano
trasportati dal vento e seguono una delle tante navi su cui ha
lavorato, di onde scure come la notte. Vediamo tonnellate di merluzzi
e sardine venire rovesciate sui ponti e spinte nella stiva, sotto una
luce che non scalda.
Gli chiedo se abbia visto spesso l'Aurora Boreale. Mi risponde che
lassù, in inverno, è tutto grigio: mare e cielo sono coperti di
nuvole e di una nebbia che penetra crepe e ossa.
GIORNO X – Kristiansund & l'Atlantic Road
Ci svegliamo tardi, assillate dal dubbio che dei topi abbiamo
passeggiato sui nostri corpi addormentati. Brinjar dorme ancora, noi
facciamo colazione con ciò che offre la sua credenza e iniziamo una
lunga camminata verso il centro città.
Kristiansund sorge su quattro isole, tenute insieme da altrettanti
ampi ponti. È una città a vocazione commerciale: navi enormi
trasportano container colorati. Ci sono petroliere, pescherecci e
navi cargo. Vanno e vengono, silenziosamente.
I sole è splendido: decidiamo di prendere il traghettino che fa
la spola tra le isole. Attendiamo la barca sdraiate sull'erba,
accanto all'oceano domato e all'ennesimo museo dedicato alla pesca
del merluzzo.
Saltiamo da un molo all'altro. Pranziamo con waffle e fragole
artiche, sotto lo sguardo divertito dei passanti.
Messo tutto insieme, è soverchiante. Bello da mozzare il fiato.
Non posso davvero aver meritato tutto questo. Quindi non può essere
questione di merito. I regali sono gratuiti. Questa, è una Grazia.
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La felicità secondo Kristiansund. |
Visitiamo la chiesa (le cui vetrate sono opera dell'onnipresente
Vigeland) e attendiamo ancora una volta la barca, dondolando su
un'altalena fatta da un copertone.
I cielo si rannuvola mentre torniamo indietro.
Brinjar cerca tra le mutande il suo passaporto: è stato
richiamato in servizio, partirà tra un'ora.
Nell'attesa, si chiede quali vestiti portare, e ha reciso tutti i
fiori del giardino (perchè vuole farli seccare in casa). Contagiate
dalla fretta del padrone di casa, richiudiamo le nostre bergen.
Siamo pronte a ripartire.
Alla fermata dell'autobus non dobbiamo attendere molto: un'auto si
ferma quasi subito. Questa volta è un giovane giornalista, che sta
andando in ufficio. Lo preghiamo, scongiuriamo di portarci per un
pezzo. Anche pochi chilometri sono abbastanza, per avvicinarci alla
meta. Lui tentenna, ma accetta di portarci fuori città.
Parliamo e parliamo: io e Domcha siamo ormai un organismo ben
oliato. Uno dei trucchi è non lasciare momenti morti. Il nostro
autista si occupa di cronaca nera per il suo giornale di provincia:
per lo più, casi di droga. Con una certa delusione, ammette di non
avere molto lavoro. Cerchiamo di consolarlo (benedetta Norvegia!),
sicuramente qualche turista di passaggio andrà in overdose.
Quindi, parliamo e parliamo. E alla fine lui decide di portarci
fino alla fine dell'Atlantic Road – in cambio di una nostra
intervista in esclusiva. Non è incredibile?
Paga il pedaggio per nostro conto. La strada è fatta di curve
strette e ripide salite, tra isole e scogli. Il cielo è nuvoloso:
sembra di scivolare sull'oceano.
Il nostro giornalista ci lascia in una piazzola di sosta, dopo un
breve servizio fotografico.
Quante persone incredibili sto incontrando in questo viaggio! Dove
sono stata fino ad ora con così tanto da vedere? E come ho potuto
vivere senza mai aver assaporato questa libertà incredibile?
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La foto più stilosa della storia! |
Nuove automobili ci superano a grande velocità, ma il nostro
morale è alle stelle. Cantiamo e balliamo accanto alla strada quasi
deserta:
“
Hey, I've just met you
And this is crazy
But here's my thumb up
So pick me, maybe?”
E ci recupera un altro giornalista, membro attivo e convinto di
un'organizzazione contro l'ingresso della Norvegia nell'Unione
Europea. Discutiamo per svariati chilometri sui pro e i contro della
nostra bella Europa, cioè fino all'arrivo al traghetto di Molde.
Veniamo anche a sapere la storia di un ragazzo australiano, che
riuscì a auto-stoppare una nave da crociera. Siamo sinceramente
ammirate, ma non crediamo sia possibile.
Poche ore dopo (cioè, dopo aver attraversato il fiordo e aver
accettato un passaggio da una comitiva di norvegesi e afghanistani in
vacanza), arriviamo ad Alesund.
Piantiamo la tenda nel parco cittadino, sentendoci anticonformiste
e un po' criminali. Nel silenzio, trasalendo ad ogni voce, ci
addormentiamo.
Continua...